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parte seconda 361

§ 2. — Il Cung-yung venne in luce pe’ lavori del dotto bibliografo Liu-hsiang (80-100 av. C.): il quale aggiunse la detta scrittura ai libri del Li-ki,1 e formò il 31º dell’opera. Un secolo dopo, altri due letterati, Ma-yung e Cêng-hsüan, rividero, corressero e stabilirono bene il testo; il quale, non ostante che fosse separato dal Li-ki, insieme col Ta-hsio, soltanto al tempo dei Sung (960-1279), fu sin dall’antico commentato separatamente, come fosse opera distinta dal resto del detto libro. I dotti cinesi sono d’accordo a dire, che il Cung-yung fu composto da Khung-kih, soprannominato Tse-sse, nipote di Confucio. Il quale temendo che la dottrina, che aveva ricevuta a voce dal Maestro, andasse guasta o anche perduta, la scrisse per disteso, e consegnò il volume a Mencio, che era suo discepolo; e questi, dicono i glossatori, ne fece il fondamento di tutta la sua scienza.

Il libro, di cui discorriamo, era dapprincipio diviso in quarantanove capitoli: oggi ne ha soltanto trentatre; ma non si può affermare se ciò sia avvenuto per uno scemamento di materia, o per un diverso ordinamento della medesima. L’opera procede alla stessa guisa del Ta-hsio: v’è un primo capitolo, che serve come di testo, e contiene la somma di tutto il libro; e vengono dietro i capitoli che svolgono e chiariscono le varie proposizioni del primo. Il Ta-hsio insegna per qual via s’arrivi a ben governare uno Stato: facendo cioè che sia buono il governo della famiglia, e, per aver questo, integro il carattere dell’uomo. Il Cung-yung insegna a formar quest’uomo, quest’ideale che è chiamato il «Santo», ma che deve avere in sè la santità e la sapienza riunite; e dice quali mezzi ha ognuno per giungere alla perfezione.


  1. Vedi a pag. 341.