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xxx introduzione

Confucio dunque compreso il pericolo che minacciava la sua nazione, che vecchia innanzi tempo ritornava alla barbarie, si pose in animo di far rivivere le antiche leggi e l’antica morale. Riformatore, non innovatore, riunì tutte le sue forze alla difficile impresa; indirizzandosi sempre al passato, per avere appoggio e autorità. Tenne in onore gli antichi e saggi imperatori, quali erano Yao, Sciun, Yu fondatore delle tre prime dinastie, Ceng-thang, Wen-wang, Wu-wang e i loro savi ministri. Dottrine e principii stranieri reputò dannosissimi; e non gli entrò giammai in mente, che nella Cina potessero prevalere altre idee fondamentali, se non quelle propugnate da que’ primi monarchi. Egli stesso confessa questi suoi intendimenti. «Trasmetto, dice egli, non creo; ho fede, e perciò amo l’antichità».1 E altrove: «La dottrina de’ primi nostri sovrani è eccellente; nelle piccole come nelle grandi faccende deve servire di regola».2 «Il promulgare istituzioni straniere è condurre alla rovina lo Stato».3

In che consisteva la dottrina di questi antichi? Essa era intenta principalmente a far germogliare i semi delle buone disposizioni naturali che, secondo la credenza ortodossa dei Cinesi,


  1. Lũn-yũ. vii. 1.
  2. Ibidem, i. 12.
  3. Ibidem, ii. 16.