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236 parte prima


III


Intorno alla propagazione delle dottrine buddhiche.


L’India, che vide nascere il Buddhismo, non conserva oggi che le sole memorie di quel culto. Esso vive in altre regioni; fuori dei luoghi che furono testimoni delle predicazioni di Çâkyamuni. Il Cascemir, convertito circa due secoli innanzi l’èra nostra, dal quale la Dottrina si sparse ai popoli tatari e mongoli dell’Asia centrale; il Ceylon, che conobbe il Buddhismo intorno allo stesso tempo, e che lo portò più tardi nel Pegu, nella Birmania, nel Camboge e nel Siam; il Tibet, che non giunse a conoscenza di questa religione prima del vi o vii secolo d. C., furono i tre focolari più vivi della fede, che nella storia della Religione e della sua letteratura stanno al pari del Magadha, la Terra santa dei seguaci del Buddha. La Cina poi ricevette direttamente da questo paese gli insegnamenti di Gâutama, e li trasmise al resto dell’Estremo Oriente.

Della introduzione del Buddhismo nell’Isola di Ceylon ne abbiamo già accennato al cap. iii p. 106-107; ma avendo lasciato di parlare della compilazione dei testi in lingua Pali, che fu fatta in quella contrada, ne diremo ora qualcosa. C’è chi crede, attenendosi a certe tradizioni indigene, che il Ceylon possedesse libri sacri della Religione buddhica circa un secolo innanzi l’èra cristiana (Turnour, nel J. A. S.of Bengal, t. vii, p. 722); ma è noto pure che gli annali del paese assicurano, che per quattrocento cinquant’anni, a cominciare dal nirvâna di Çâkyamuni, la Dottrina fu preservata e trasmessa oralmente (mukha-pathêna) dai preti singhalesi. I quali avendo finito per accorgersi dei danni, che venivano da un tal modo di procedere, si adunarono in numero di cinquecento cinquanta in una tal caverna o grotta, conosciuta col nome di Alôka (Alu), che è nel villaggio di Malaya in Langkâ (Ceylon); e sotto la presidenza del signore di quella terra