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188 parte prima

l’uomo. L’espressione khi-tsin, «distruzione del khi», vale «annichilazione»; poichè dai Cinesi stessi siffatta espressione è chiaramente spiegata nella frase seguente: Khi-tsin tsê ci-kio i-tsin «distrutto il khi (l’anima) vengono distrutte conseguentemente la percezione e la coscienza».1 Altre interpretazioni, che si trovano nelle scritture buddhiche cinesi, come li-shêng-mieh, «essere separato dalla vita e dalla morte», o chu-li-fan-nao «uscire dal dolore e dalla angoscia» si riferiscono all’altro senso che ha pure la parola nirvâna, quello cioè di «essere trasportato fuori dal dominio del dolore e della trasmigrazione».

II. Il Max Müller non ammette l’interpretazione della parola nirvâna, che ho esposto più sopra, anche, perchè, dice l’illustre filologo, in nessun passo del Vinaya pitaka nè dei Sûtra, che contengono i discorsi pronunziati dal Buddha, si trova questo vocabolo nel senso di «compiuto annullamento», come si trova nell’Abhidharma, ossia nella parte delle scritture metafisiche che sono le più moderne del canone buddhico.2 Nei Sûtra si incontrano infatti, secondo che egli afferma, adoperate come sinonimi di Nirvâna, le espressioni «quiete», «suprema felicità», «benessere dovuto alla cessazione delle passioni e dei desiderii» e persino «immortalità», espressioni che davvero non s’accordano con l’idea del Nulla. Laonde il Max Müller sostiene, che il concetto che il Buddha ed i suoi discepoli si erano formati del Nirvâna, fosse il concetto popolare che anch’oggi si conserva presso i fedeli, in opposizione a quello che si rileva dalle scritture filosofiche: cioè a dire, che questa


  1. Morrison, A. Dict. of the Chin. lang., 2.a edit., i, p. 500, col. 2.a
  2. Max Müller, Dhammapada, p. xli.