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che è tradotta Ghasalang eze ang-kijirakan, ovvero Ghasalang eze nökciksen, che vale «essere per sempre separato» o «per sempre liberato» dalla trasmigrazione. L’Enciclopedia cinese di Ma-tuan Lin rende in due modi diversi la parola in questione: «Nie-puan ed anche Ni-yuan (corruzioni cinesi delle parole pali nibbâna e sanscrita nirvâna), dice la citata opera, si spiegano con «mieh» estinzione, annichilamento; ed anche alcuna volta vogliono significare costante godimento della propria purità, «cang-lo ngo-tsing» ».1 Questa seconda interpretazione si riferisce non al Nirvâna propriamente, ma ad uno stato speciale dello spirito, che precede l’annullamento, e che è chiamato «Nirvâna incompiuto»; mentre la parola cinese mieh traduce abbastanza bene la sanscrita, ed indica il «Nirvâna compiutamente conseguito». Al monosillabo mieh è spesso aggiunto tsin; d’onde il vocabolo mieh-tsin, che vuol dire «estinzione o annullamento totale»; e per rendere con maggiore esattezza l’idea buddhica inerente alla parola nirvâna, i Cinesi dicono mieh-tsin, i-tsie-hsi-khi «annullamento totale d’ogni facoltà dello spirito». Il rev. Eitel, cui spiace la dottrina nichilistica di Çâkyamuni, asserisce che in quella frase il monosillabo khi deve essere preso solamente nel senso di «spiriti animali, la carne e il sangue, cioè tutto quel che è sotto la signoria delle passioni», e che la frase intera deve essere intesa: «liberazione da tutte le forme materiali».2 Tale interpretazione non mi pare esatta; con khi i Cinesi vogliono significare quello che noi intendiamo per anima, e anche per spirito tanto degli animali, quanto del-


  1. Ma-tuan Lin, kiuen 226, f. 2 recto.
  2. The Chinese recorder, iii, 1870, p. 2.