Pagina:Idilli di Teocrito (Romagnoli).djvu/304


NOTE XVIII 257

carnale del Filadelfo. Era andata in prime nozze a Lisimaco re di Tracia; poi al suo fratello uterino Tolomeo Cerauno; e, infine, oramai quarantenne, al Filadelfo, suo fratello, come abbiamo visto, da lato materno e da lato paterno. Per gli Egiziani, e massime per i re egiziani, non c’era nulla di male né di strano. Ad ogni modo, Teocrito, che, come greco, doveva pensarla, o, almeno, sentire in un modo un po’ differente, sente il bisogno di coonestare in qualche modo l’esaltato connubio, ricordando che Giove fece proprio lo stesso, e sposò la sorella Giunone.

Infine, Teocrito si rivolge a Giove, e lo prega, perché questo panegirico non sia spregiato dai posteri. E Giove gli ha procurata l’ammirazione di qualche innocente filologo. Ma il giudizio comune è invece che questa sia la cosa piú melensa uscita dalla penna di Teocrito.

Perché, morale a parte, l’arte si vendica.

XVIII

EPITALAMIO D’ELENA

Per la freschezza e il singolar tòno delle immagini, tutte imbevute d’ineffabile lume ceruleo, questo epitalamio ricorda l’idillio d’Ila. Lo scoliaste dice che deriva parecchio da Stesicoro. Ma, veramente, a giudicare da quel poco che conosciamo del gran poeta d’Imera, il tono stesicorèo non c’è: c’è invece, e ben distinto, il tòno di Saffo. C’è in quelle immagini floreali, qui come non mai gentili ed accarezzate; c’è in quella ricchezza di spunti popolari; c’è in quel tòno di scherzosa beffa, adorabilmente femminile, virgineo, che rende incomparabili i frammenti dell’epitalamio di Saffo.

Ricordi mitologici ce ne son pochi, e tutti chiarissimi. Forse,

Teocrito - 17