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248 TEOCRITO

rapide piú rotolavano
che il volo e il frastuono dei venti.


Non indegno riscontro a questa pittura grandiosa fa l’immagine teocritea, anch’essa di pretto sapor pindarico, della nave che si lancia fra l’una e l’altra rupe, come aquila che varca un abisso.

Anche questo idillio è dedicato al medico Nicia. Il piú illustre dei filologi contemporanei, fra la commossa ammirazione dei meno illustri, ha creduto di poterne intuire il seguente dramma psicologico. Nicia aveva preso moglie, tradendo cosí la sacra bandiera di questi poeti sporcaccioni; e Teocrito, rievocando al suo sentimento il glorioso amore di Ercole per il fanciullo Ila, tenterebbe di richiamarlo ai vecchi amori, ai sacri principii.

Non dico che non possa essere. Dico che ai nostri giorni spettava il merito insigne di riabilitare l’alessandrinismo, mostrando come non riesca impossibile superarlo in piacevolezza.


XIV

L’INNAMORATO DI CINISCA

È il medesimo tèma dei «Mietitori»: un duetto fra un sentimentalone innamorato fradicio, e uno scorbellato che, piú o meno benevolmente, lo piglia in giro. Ma cambia il luogo: non siamo piú in mezzo all’aria fiammea d’un meriggio in campagna; bensí in città: non abbiamo un idillio campestre, bensí un mimo.

Per la precisione e la vivacità della pittura, che tutti potranno ammirare senza bisogno di cartellini indicatori, questo idillio, che è una vera commedia in iscorcio, è forse superiore agli stessi «Mietitori». Peccato che proprio nella fine sia deturpato da una macchia, non alessandrina, ma anche piú brutta: la cortigianeria. La troviamo qui in Teocrito per la prima, e purtroppo, non per l’ultima volta.