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NOTE VI 239

la squallida poveraglia, i cenci sudici versicolori, riprodotti su la tela da un artista geniale, acquistare il fulgore, e la purità del diamante.

Il Melanzio ricordato da Cornata nell’ultimo verso è il tristo capraro che nell’Odissea dimostra tanta ingratidudine e tanto malo animo contro il suo signore Ulisse, e contro il fido porcaro Eumeo. I pastori di Teocrito, e, secondo ogni verisimiglianza, anche i veri pastori di Sicilia, conoscevano il loro Omero.

VI

GALATEA

Questo idillio va distinto fra tutti gli altri, perché gl’interlocutori non vi parlano per proprio conto, bensí entrano nella persona d’un altro, recitano una vera e propria parte. Stabilita la gara, Dafni, che ha lanciata la sfida, si mette subito nei panni d’un pastore compagno di Galatea. E Dameta accetta il tèma proposto, e lo svolge a sua volta, con tanta bravura, da riuscir pari al suo antagonista, che è, probabilmente, lo stesso famosissimo Dafni.

Il tèma del Ciclope innamorato fu dilettissimo agli artisti alessandrini. Teocrito lo tratteggiò due volte; due svolgimenti pittorici ne sono giunti sino a noi, uno in una pittura pompeiana, l’altro in un affresco della cosí detta «Casa di Livia» sul Palatino; e un delizioso bassorilievo ellenistico, è la perfetta traduzione in marmo dell’undecimo idillio di Teocrito.