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era ancora perfetto. Si stampava a Roma e vi collaboravano scrittori reputatissimi; fra gli altri la Serao.

Dopo, dal Martini la direzione passò a Guido Biagi, quindi al Collodi che la tenne, relativamente, pochissimo, e da lui alla mia cara amica Emma Perodi, che chiuse la serie. Cominciò a far subito concorrenza al Giornale dei bambini, quello dei fanciulli edito dal Treves, che era un prodigio di eleganza come arte tipografica, ricchezza di carta, lusso d’incisioni etc. Finanziariamente il Giornale dei fanciulli era più forte, giacchè i fratelli Treves avevano allora, come hanno ancora una posizione... monetaria incrollabile. E il più povero dovè cedere. Colla scusa di «fondersi» col Giornale dei fanciulli il Giornale dei bambini morì. Ma anche il vittorioso non ebbe vita lunga: dopo la fusione, tre o quattro anni fa, i fratelli Treves ne sospesero la pubblicazione, forse perchè in Italia e da un bel pezzo, non ci sono più bambini, ed è quindi perfettamente inutile stampare un giornale per loro.

Luigi Capuana verso il 1893 fondò un giornalino su quel medesimo genere e lo intitolò Cenerentola. Chiamò anche me a far parte della redazione, e qualche volta — per compiacere l’illustre amico — aderii al suo desiderio inviandogli una novellina o un bozzetto. Ma capivo che malgrado le cure indefesse del nobilissimo romanziere, il giornalino aveva ben poche speranze di vita.

Un perfetto «giornale dei bambini» mi era più volte comparso nella fantasia, più completo, armonico, con tutte le sue divisioni e tutte le sue rubriche; e come sempre mi accade quando un’idea mi persegue, non ebbi bene finchè non ebbi persuaso l’editore