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negli ultimi tempi non l’avesse addirittura sfibrata, noi avremmo potuto ottenere da lei un’opera di rivelazione. Non parliamo del suo temperamento e soprattutto non giudichiamolo dal punto di vista di una morale gretta e piccina. L’arte sua derivava dal temperamento, un temperamento amoroso, ardentissimo che ella ha espiato con tutto il dolore di una vita affannosa, con tutto il sangue di una morte tragica. Ben protestarono le fanciulle di Roma contro i malevoli commenti di pochi sfaccendati, deponendo su quella bara una corona di rose bianche. La passione e le lacrime sono le grandi purificatrici dell’anima umana....

La vidi, per l’ultima volta, qui in Firenze. Dovevamo recarci insieme al famoso veglione del Teatro Nuovo, organizzato dall’Associazione della stampa. Capitata per un caso da Roma e invitata alla festa all’ultimo momento, chiese a me un abito da sera.

La condussi allora al negozio di Salvatore Ciatti e ci lasciammo soltanto dopo che ella ebbe acquistato un magnifico vestito celeste chiaro che armonizzava perfettamente con la sua delicata bellezza di bionda. L’aspettai al Teatro Nuovo, inutilmente, tutta la sera; ma non venne.

Da quel giorno non la rividi più, e dopo pochi mesi, aprendo per caso un giornale, ebbi la triste notizia della sua morte; Povera contessa Lara! ella meritava certo una miglior fortuna.

Ma non indugiamo più su quella cara perduta e riprendiamo invece il nostro racconto.

Avevo appena terminata la Famiglia dei gatti che un editore di Palermo, il Sandron, mi chiese se avessi