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parte e per le solite discordie intestine che in tutte le classi e in tutti i tempi sono state le principali caratteristiche del nostro popolo. Non è possibile in Firenze l’accordo unanime di un’intera classe: v’è riuscita soltanto tra gli operai l’idea socialista perchè si fonda esclusivamente sulla questione economica; perchè gli ascritti ad una lega, a un partito, a una società veggono subito, a prima vista l’utile diretto del loro accordo, in lire e centesimi, e non perdono il loro tempo in fantasticherie.

I giornalisti veri (in Firenze non arrivano alla dozzina), dicevano parlando della nuova Società: Ma che cos’è questa associazione della stampa toscana, composta tutta di dilettanti e di impiegati alle ferrovie, di piccoli corrispondenti e di minuscoli scrittorelli che non hanno mai levato un ragno da un buco? È questo il rispetto che si deve a noi, a noi che rappresentiamo il famosissimo quarto potere; che siamo gli interpreti sinceri della pubblica opinione e delle alte idealità politiche? O fuori loro o fuori noi!

E i soci dell’associazione rispondevano in coro: «Ma si può una buona volta saper la ragione di tutta quella superbia, di tutta quella mutria, di tutta quella muffa? Che cosa credono d'essere questi galoppini della questura; questi sforbiciatori di notizie; questi raffazzonatori di telegrammi? Credono forse di abbassarsi a far parte della nostra società? La letteratura non val forse il giornalismo? o fuori loro, o fuori noi!

In verità, tutt’e due le parti avevano ragione. L’associazione della stampa toscana non aveva ragione di esistere. Firenze, nucleo principale della società, non ha l’importanza industriale ed economica di Milano,