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nota 261


fiorentina, nella quale rileva difetto di criteri sicuri nell’adozione delle forme grafiche e fonetiche, e tracce di alterazioni dovute all’uso di codici toscani o toscaneggianti; afferma inoltre che l’antichitá dei mss., a cui il Bonaccorsi attinse, è minore di quella che io non mostri di credere; e conclude che «per la ricostruzione del testo originale è non solo utile ma conveniente attingere ad altre fonti non meno e forse piú autorevoli1.

Potrei rispondere a queste osservazioni che io non ho mai ritenuto il testo dell’edizione fiorentina come la forma originale, nella quale primamente apparvero i canti del poeta tudertino, e che non ho escluso si possa in avvenire, quando fortunate ricerche ci portino al ritrovamento di mss. piú antichi di quelli che sono a nostra conoscenza, ricostruire un testo di gran lunga piú attendibile. Ma potrei anche aggiungere: perché il Brugnoli, conoscendo altre fonti «non meno e forse piú autorevoli» della stampa bonaccorsiana, ha tuttavia creduto opportuno di sceglier questa a fondamento dell’edizione critica delle satire iacoponiche, e di contro al testo da lui ricostruito sulle varianti di numerosi codici ha sentito la necessitá di riprodurre integralmente le singole poesie nella lezione data dal Bonaccorsi?

Ma, per non tediare il lettore con polemiche oziose, cercherò di rimettere la questione nei suoi veri termini, riassumendo quanto scrissi altra volta, e brevemente rispondendo alle obbiezioni mossemi dall’egregio studioso perugino.

Io ho ritenuto e ritengo che il maggior valore dell’edizione principe, in confronto non solo di tutte le altre raccolte a stampa, ma ben anco dei codici del xiv secolo, consista nelle fonti a cui il Bonaccorsi attinse e nel metodo da lui tenuto — metodo che non esiterei a dichiarare rigorosamente scientifico — per ricavarne una lezione vicina il piú che fosse possibile all’originale forma umbra. Il proemio del Bonaccorsi ci dá preziose informazioni in proposito, e non parrá superfluo che io lo trascriva integralmente.

Al Nome et honore della sanctissima trinitá: et della gloriosa vergine Maria: et de tutta la corte del cielo. Qualunque persona devota si delecta de havere et leggere le infrascripte laude del beato frate Iacopone da Todi de l’ordine de frati minori, le quali lui compose a diversi

  1. Op. cit., p. vi.