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lauda xliii 99


voglio che conosca la fallanza,
e giammai non gli esca de mente,
segno porti en fronte en remembranza
quanto ’l peccato sí m’è dispiacente.
     — Meser, volontiere ne porto segno
ch’io so reformato a tua figura:
vedendome signato, lo Malegno
non ma’ potèra con sua fortura.
— Ed io nella tua fronte croce segno
de crismate salute a tua valura;
confortate, combatte ch’io do regno
a quel ch’en mia schiera ben adura. —
     La Misericordia è parlante:
— Meser, l’omo ha tanto degiunato,
che se de cibo non fusse sumante,
la debeleza l’ha giá consumato.
— Ed io li do lo mio corpo avenante,
el sangue ch’è uscito del mio lato,
pane e vino en sacramento stante
che da lo preite sará consecrato. —
     Iustizia ce pete la sua parte:
— ’Nante che l’omo se deggia cibare,
de caritate me fará le carte
ch’esso Dio sopr’omnia deggi amare,
el prossimo con Dio abbracciarne
e sempre omne suo ben desiderare.
— Meser, ed io prometto de ciò farte
ch’io ne so tenuto e deggiol fare. —
     La Misericordia non fina
ademandare la necessitate:
— Meser, se l’omo cadesse en ruina,
como faría de quell’infermitate?
— Ordenata gli ho la medicina:
la Penetenza, ch’è de tua amistate;
se mai lo repigliasse la malina,
recorra a lei: averá sanetate. —