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vera piccina, cresciuta finora senz’affetto, senza cure.... E che colpa aveva lei?

Strizzò gli occhi, come per ricacciare indietro un sentimento odioso.... Ma no! Che colpa aveva la piccina d’esser nata?

E a un tratto, guardando così la figlia, comprese quel che il marito voleva dirle. Egli era e si sentiva vecchio, e sapeva di non poter riempire la vita di lei; ma ella aveva una figlia, ora; e una figlia può e deve riempir la vita d’una madre. Egli poteva fare uno scandalo, e non l’aveva fatto; non solo, ma aveva dato anzi a quella bambina, che non era sua, il prestigio del nome, del grado, e anche.... sì, anche la sua tenerezza. Orbene, ella, madre, poteva dar bene alla propria figlia l’affetto, le cure, l’esempio d’una condotta illibata.

Ecco, sì, questo, questo senza dubbio, egli voleva dirle. Ed ella aveva finto di dormire....

A lungo donna Giannetta rimase lì, quella notte, a pensare, con la bambina in grembo. Pensò con amarissimo rimpianto al suo bel sogno giovanile; e, con nausea, a quel che gli uomini le avevano offerto in cambio di questo sogno.... Stupide finzioni, volgarità schifose.... Poi, a poco a poco, cedette al sonno.

Prima dell’alba, Francesco D’Atri, attraversando il corridojo per recarsi allo studio, vide aperto l’uscio della camera della bàlia e sporse il capo a guardare. Rimase stupito nel trovare la moglie lì, addormentata su una poltrona, con la bambina in braccio. Le si accostò pian piano per contemplarla e senti lo stupore sciogliersi, con un tremor per le vene, in una tenerezza infinita. Si chinò e le sfiorò con un bacio la fronte.

Donna Giannetta si destò; provò anch’ella stu-