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— Fa rabbia anche a me, — disse allora Capolino, — che uno stupido, un imbecille di quella fatta debba salire così, tirato su dal favore della sorte, cacciato a spintoni, come una bestia bendata e restia.... Perchè egli, sai? l’ha detto a me: non vorrebbe nulla.... Questo è il bello! Non s’accorge di nulla, non capisce nulla, e la fortuna lo ajuta! Domani, genero di Flaminio Salvo!

— Ah, no! — scattò Nicoletta.... — Questo matrimonio non si farà! Te l’assicuro io: non-si-fa-rà!

Capolino tornò a stringersi ne le spalle e a socchiuder gli occhi:

— Se Flaminio vuole.... come potresti impedirlo?

— Come? — rispose Nicoletta. — Come.... non so! Ma ad ogni costo.... ah, ad ogni costo! puoi esserne certo!

Capolino insistette:

— Ma via, tu credi che il Costa sia capace di sentir la vendetta che tu dici, per il tuo rifiuto? No, sai! Non è capace neanche di questo! Io l’ho studiato: è con te riguardoso, ossequioso.... anzi, tutto impacciato in tua presenza.... Non ci penserà mai! E se tu.... se tu saprai vincer lo sdegno, e trattarlo.... dico, trattarlo con una certa.... disinvoltura cortese....

Sotto gli occhi di Nicoletta, che lo fissavano con freddo e calmo disprezzo, smorì, si scompose il sorriso con cui aveva accompagnato le ultime parole.

— Come, del resto, lo hai trattato finora, — soggiunse dignitosamente. Poi, cangiando discorso: — Oh, volevo proporti d’uscire.... Ceneremo fuori.... Ti va?

Di ritorno a casa a tarda notte, Nicoletta, nel mettersi a letto, domandò al marito:

— Non deve ripartire fra due o tre giorni l’ingegnere Costa per la Sicilia?