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breve.... I milocchesi, dico gli uomini, che non s’erano affatto immischiati in questa rivolta delle loro donne, saputo che il prefetto della provincia mandava un rinforzo di soldati e delegati e giudici a Milocca, cavalcarono le mule e, armati di fucile, presero il largo. Sono ancora sparsi per le campagne, decisi a vender cara la loro libertà. Ma i signori giudici, a Milocca, hanno arrestato trentadue donne, di cui alcune gestanti, altre coi bimbi lattanti in collo, e le hanno tradotte ammanettate nelle carceri di Mussomeli.

— Valorosi! valorosi! — esclamò allora donna Rosa. — Ma come? E voi, Gnazio, deputato siciliano, non levate la voce in Parlamento neanche contro l’arresto delle donne gravide e delle mamme coi bimbi in collo?

Don Flaminio sorrise e, lisciandosi le basette:

— Non gli conviene, — disse. — Sono gestanti e mamme socialiste. Lui è conservatore. Quantunque laggiù, sai? don Ippolito Laurentano vorrebbe che il partito clericale secondasse il movimento proletario e se n’avvalesse, stabilendo anche con esso qualche accordo segreto. Ma Monsignor Montoro, confòrtati, è contrario; forse perchè il canonico Pompeo Agro è da un mese a Comitini a far propaganda, non so quanto evangelica, contro me, tra i solfarai. Basta. Vedremo di stare tra il padre e il figlio. Domani mi recherò dal giovane principe socialista a lasciargli un biglietto da visita.

Capolino accompagnò Flaminio Salvo in quella gita al villino di via Sommacampagna, tanto nell’andata, quanto nel ritorno. La strana impressione, quasi di sgomento, che gli aveva fatto la vista di Dianella, all’arrivo, si raffermò al discorso che gli tenne il Salvo lungo la via.