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dotto con sè Dianella, che non poteva restar sola a Girgenti. E sarebbe forse rimasta a Roma per un pezzo, Dianella, presso gli zii, per divagarsi e.... chi sa! — gli occhi di Flaminio Salvo vedevano molto lontano — Lando andava qualche volta in casa Vella, e.... chi sa!

Rimanendo Dianella a Roma, addio ritorno di Lellè a Girgenti.

Così pensando, Capolino sbuffava, e gli occhiali serii, con staffe, cerchietti e sellino di tartaruga, gli s’appannavano.


Buona notte, caro!


Non passò neanche una settimana, e Flaminio Salvo fu a Roma insieme con Dianella, come Capolino aveva preveduto.

Dianella arrivò come una morta; Flaminio Salvo, al solito, sicuro di sè, con quel sorriso freddo su le labbra, a cui lo sguardo lento degli occhi sotto le grosse pàlpebre dava un’espressione di lieve ironia.

Furono ospitati dai Vella, che insieme coi coniugi Capolino e il Costa si recarono ad accoglierli alla stazione. Donna Rosa, Ciccino e Lillina non conoscevano ancora Dianella.

— Figlia mia, e che mangi? lucertole? — le domandò in prima la zia Rosa, nel vederle il volto come di cera e gli occhi dolenti e smarriti. — Ma capisco, sai? con un uomo insulso, come tuo padre, difficile passarsela bene. Ah, io gliele dico, sai? Non sono come tua zia Adelaide, che cala a tutto la testa. Sono più grande di lui, e mi deve rispettare,

— Io ti bacio sempre la mano, — disse don Flaminio, inchinandosi.