Pagina:I promessi sposi (1825) III.djvu/130

126

teva portar con sè, e pensava agli scudi, che teneva cuciti nel busto, le sovvenne che, insieme con essi, l’innominato, le aveva mandate le più larghe proferte di servigi; le sovvenne di ciò che aveva inteso raccontare di quel suo castello posto in luogo così sicuro, e dove, a dispetto del padrone, noi potevano andar se non gli uccelli; e si risolvette di portarsi a chiedere un asilo colà. Pensò al come potrebbe farsi conoscere da quel signore, e le venne tosto in mente don Abbondio; il quale, dopo quel colloquio così fatto coll’arcivescovo, le aveva sempre fatte dimostrazioni particolari di benevolenza, e tanto più di cuore, che lo poteva, senza commettersi con nessuno, e che essendo lontani i due giovani, era anche lontano il caso che a lui venisse fatta una richiesta la quale avrebbe messa quella benevolenza a un gran cimento. Suppose che, in un tal parapiglia, il poveruomo doveva essere ancor più impacciato e più sbigottito di lei, e che il partito potrebbe parer molto buono anche a lui; e glielo veniva a proporre. Trovatolo con Perpetua, fece la proposta ad entrambi.

“Che ne dite, Perpetua? chiese don Abbondio.

“Dico che è una inspirazione del cielo, e