Pagina:I promessi sposi (1825) II.djvu/305


301


“No!” gridò questi, “no! lontano, lontano da me, voi: non lordate quella mano innocente e benefica. Non sapete tutto ciò che ha fatto questa che volete stringere.”

“Lasciate,” disse Federigo, prendendola con amorevole violenza, “lasciate ch’io stringa codesta mano che riparerà tanti torti, che spargerà tante beneficenze, che solleverà tanti afflitti, che si stenderà disarmata, pacifica, umile a tanti nemici.”

“È troppo!” disse, singhiozzando, l’innominato. “Lasciatemi, monsignore; buon Federigo, lasciatemi. Un popolo affollato vi aspetta; tante anime buone, tanti innocenti, tanti venuti da lontano, per vedervi una volta, per udirvi: e voi vi trattenete... con chi!”

“Lasciamo le novantanove pecorelle,” rispose il cardinale: “sono in sicuro sul monte: io voglio ora stare con quella ch’era smarrita. Quelle anime son forse ora ben più contente, che del vedere questo povero vescovo. Forse Dio, che ha operato in voi il prodigio della misericordia, diffonde ora in esse una gioia di cui non sentono ancora la cagione. Quel popolo è forse unito a noi senza saperlo: forse lo Spirito pone nei loro cuori un ardore indistinto di