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dignità ecclesiastiche, concorreva a pronosticargliele. Ma egli, persuaso in cuore di ciò che nessuno il quale professi cristianesimo può negar colla bocca, non v’essere giusta superiorità d’uomo sopra gli uomini, se non in loro servigio, temeva le dignità e cercava di scansarle; non certamente perchè rifuggisse dal servire altrui; chè poche vite furono spese in questo come la sua; ma perchè non si stimava abbastanza degno nè capace di così alto e pericoloso servigio. Perciò venendogli, nel 1595, proposto da Clemente VIII l’arcivescovado di Milano, apparve fortemente turbato, e ricusò quel carico senza esitare. Cedette di poi al comandamento espresso del papa.

Tali dimostrazioni, e chi nol sa?, non sono nè difficili, nè rare; e all’ipocrisia non bisogna un più grande sforzo d’ingegno per farle, che alla buffoneria per deriderle a buon conto in ogni caso. Ma cessano elle perciò d’essere l’espressione naturale d’un sentimento virtuoso e sapiente? La vita è il paragone delle parole: e le parole che esprimono quel sentimento, fossero anche passate sulle labbra di tutti gl’impostori e di tutti i beffardi del mondo, saranno sempre belle, quando sien precedute e seguite da una vita di disinteresse e di sagrificio.