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publici, e contra tanti odii potenti, dovette dar luogo, e uscir dello stato. Credo che a questa circostanza si riferisca un tratto notabile raccontato dal Ripamonti. “Una volta che egli ebbe a sgombrare il paese, la segretezza che usò, il rispetto, la timidezza furono tali: attraversò la città a cavallo, con un seguito di cani, a suon di tromba; e passando dinanzi al palazzo di corte, lasciò alle guardie una imbasciata di villanie pel governatore.”

Nell’assenza egli non ruppe le pratiche, nè intermise le corrispondenze con quei suoi tali amici, i quali rimasero uniti con lui, per tradurre letteralmente dal Ripamonti, “in lega occulta di consigli atroci, e di cose funeste.” Pare anzi che allora contraesse in più alti luoghi certe nuove terribili pratiche, delle quali lo storico summentovato parla con una brevità misteriosa. “Anche alcuni principi esteri si valsero più volte dell’opera sua per qualche importante uccisione, e spesso gli ebbero a mandar di lontano rinforzi di gente che servisse sotto i suoi ordini.”

Finalmente, (non si su dopo quanto tempo) o fosse levato il bando per qualche potente intercessione, o l’audacia di quell’uomo