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storia, ad ogni occasione d’eccitar maraviglia, o di far pensare, a tutti quei passi insomma che richieggono bensì un po’ di retorica, ma retorica discreta, fina, di buon gusto, costui non manca mai di mettervi di quella sua così fatta del proemio. E allora, accozzando, con una abilità mirabile, le qualità più disparate, trova modo di riuscire rozzo insieme e affettato, nella stessa pagina, nello stesso periodo, nello stesso vocabolo. Ecco qui: declamazioni ampollose composte a forza di solecismi pedestri, e da per tutto quella goffaggine ambiziosa, che è proprio carattere degli scritti di quel secolo in questo paese. In vero non è cosa da presentare a lettori d’oggigiorno: son troppo avvisati, troppo disgustati di questo genere di stravaganze. Manco male che il buon pensiero m’è venuto sul principio di questo sciagurato lavoro: e me ne lavo le mani.

Nell’atto però di chiudere lo scartafaccio, per riporlo, mi sapeva male che una storia così bella dovesse rimanersi tuttavia sconosciuta; perché, in quanto storia, può essere che al lettore ne paia altrimenti, ma a me