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l’“uomo delinquente„ di c. lombroso 21

si pensi che grazie al suicidio aumentato nei rei di sangue, scemeranno gli omicidi, e che spesso l’omicida si trova nel dilemma di uccidere o di uccidersi, si comprenderà questo rapporto. Le passioni più comuni sono nel mondo della delinquenza la vanità, la vendetta, l’odio, il vino, il giuoco, la donna, che fanno del criminale un essere vendicativo, crudele, instabile, violento, sensuale. In loro non vi ha possibilità di previdenza. Manca quella visione esatta delle conseguenze del delitto che può trattenere dall’azione. Essi veggono solo il presente, sentono il solo impulso della passione impetuosa e violenta, e s’avvicinano ai pazzi e al selvaggio, di cui anzi non sono che una sovrapposizione e un impasto. Il delinquente nato commette un crimine senza comprenderne l’anormalità dell’azione; privo come è della conoscenza di ciò che sia giusto o no, non ha amore, amicizia, sentimento di patria, di pietà. I delinquenti stimano il furto e l’assassinio non solo azioni lecite, ma come loro buon diritto e meritevoli di encomio. Il rubare non è che togliere ai ricchi quello che hanno di troppo, un ingegnarsi; l’uccidere il farsi giustizia, poichè quella sociale o divina viene troppo tarda od è dubbia, e in questa assenza di criteri veramente di discernimento, si comprende come si abbia ad identificare il folle morale col delinquente.

Questa mancanza congenita di senso morale che li rende incoreggibili anche usciti dal carcere, è dimostrata dalla enorme cifra di recidivi.

Nulla o ben poco possono le leggi e i sistemi