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I Vicerè 153

risposto sì. Poi s’erano scambiati gli anelli: la statua portava ancora al dito quello dello sposo, il quale aveva naturalmente lasciato alla consorte tutti i suoi beni. Una lunga lite ne era seguita, non avendo voluto gli eredi naturali riconoscere il testamento del matto; finalmente, per via di transazione, s’era istituita nel convento, con metà dei beni, una cappellania laicale, sulla quale gli Uzeda avevano esercitato il giuspatronato. Così tutti i monaci venivano la sera a fare la corte al principe, discutevano con lui gli affari del monastero. Tra tutta quella gente egli papeggiava, sputava tondo, ascoltato come un Dio; dimenticava il resto della società, le signore e le signorine che giocavano a tombola, o a spiegar sciarade, o combinavano escursioni per la montagna, e passavano il tempo così allegramente che, senza le notizie del colera e i paesani armati per tener lontani i tardi fuggiaschi, nessuno avrebbe pensato che quelli fossero tempi di pestilenza.

Solo la contessa Matilde, fra le generali distrazioni, non riusciva a nascondere il proprio dolore. Ella era venuta via dalla città quasi fuori di sentimento, tanto forte era stata la prova a cui l’avevano messa. Con l’animo pieno di spavento e di rimorso, sul punto di partire per la villa, aveva riconosciuto che la pena meno sopportabile non le veniva più dalla lontananza della sua bambina, ma dal tradimento di Raimondo. Come poteva più metterlo in dubbio? La verità non le si era improvvisamente svelata, all’annunzio che egli andava al Belvedere, dove andava la Fersa? Perchè mai egli, così insofferente di vivere in Sicilia, s’era rifiutato a partire pel continente, se non perchè voleva restare vicino a colei? E aveva finto di non sapersi decidere, per aspettare che si decidesse quell’altra; ed aveva mendicato pretesti, e accusato il suocero, e sì bene temporeggiato che allo scoppio della pestilenza aveva fatto a modo suo!... Nè in quelle finzioni, in quelle menzogne, ella vedeva più la conferma dei brutti lati del suo carattere; esse non l’accoravano perchè egli ne