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246 Capitolo trentaquattresimo

— Bisognerà costruire delle altre capanne, signore.

— Si costruiranno.

— E raddoppiare, anzi triplicare le nostre provviste.

— Le triplicheremo e dissoderemo un bel tratto di terreno.

— Signore, — disse il marinaio, esitando. — Non vi sembrano belle le figlie del capo?...

— Sono graziose davvero, Enrico.

— Mi frulla in capo un’idea.

— E quale?...

— Terremoto!... — esclamò il genovese, che da qualche istante si grattava furiosamente il capo.

— Di’ su, amico.

— Sapete, signor Albani, che non mi rincrescerebbe... che...

— Parla, — disse il veneziano che lo guardava sorridendo.

— Ormai ci sono... orsù... meglio che ve lo dica... lampi e fulmini!... Se il capo mi desse una figlia per sposa?...

— Ah!... furfante!... Tu pensi già a piantare famiglia!...

— C’è la maggiore che mi piace, signor Albani. Terremoto!... È una bella ragazza e mi sembra che debba essere anche molto buona.

— Su domanda.

— Ma il capo?...

— Credo che si terrà molto onorato di imparentarsi con un uomo di razza bianca.

— Fulmini!... Che bella colonia!... E so che a Marino piaceva l’altra, sapete?... Il volpone la guardava con certi occhi da triglia!...

— Buono! — esclamò il veneziano, ridendo. — Ecco una colonia che non perirebbe più mai. Ne parlerò al capo.

— Voi?...

— E perchè no?.. Fra un mese celebreremo tre matrimoni: il tuo, quello di Marino e quello del molucchese.

— Signore!... — esclamò in quell’istante il mozzo, che stava ritto a prora.

— Cos’hai?...