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242 Capitolo trentaquattresimo

lesi nè bruna come quella dei Bughisi, ma bensì rossastra. Le loro gote sono prominenti, ma il contorno del viso è più romboidale che quadrato, il loro naso un po’ prominente, i loro occhi lievemente obliqui ma non stonano, anzi hanno una certa grazia.

Le tre fanciulle, che potevano avere dai quindici ai vent’anni, erano graziosissime, con certi occhietti vivaci e neri, la carnagione leggermente ramigna, le labbra d’un bel rosso incarnato e i denti più bianchi dell’avorio.

Indossavano delle sottanine a pieghe, a colori vivaci, e una camicia ricamata, mentre i loro piedi sparivano entro scarpine di velluto a fregi d’oro. Al collo portavano collane di perle e agli orecchi grandi pendenti di provenienza spagnuola.

Il giovinotto non aveva più di venticinque anni, ed il vecchio doveva toccare già la sessantina. Erano entrambi di alta statura, snelli, ma il primo aveva i tratti del volto un po’ diversi da quelli dei tagali e anche la sua carnagione era più terrea, quasi grigiastra. Erano entrambi vestiti di tela, ma colla camicia svolazzante fuori dai calzoni, secondo l’uso del loro paese.

Il vecchio, vedendo avvicinarsi il signor Albani, s’alzò, dicendogli:

— Grazie, señor, del vostro aiuto. Senza di voi, noi saremmo stati trascinati via dalle onde.

— Altre persone avrebbero fatto altrettanto, — rispose Albani, modestamente. — Ehi, Piccolo Tonno, abbiamo ancora un po’ di tuwah?... Un sorso farà bene a questa povera gente.

— Sì, signore, — rispose il ragazzo.

Ritornò nella scialuppa e poco dopo saliva portando un recipiente di bambù pieno di quella forte bevanda e una provvista di biscotti.

Le ragazze ed i due uomini, dopo nuovi ringraziamenti bevettero alcuni sorsi e mangiarono alcuni biscotti.

Il vecchio intanto narrava la sua storia. Le ragazze erano