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Gl’incendiarii della «Liguria» 189


— Credevo che fossero gli elefanti.

— No, poichè quelle tartarughe possono campare cinque o seicento anni.

— Che bella esistenza!...

— Forse non tanto bella, poichè quelle testuggini, rinchiuse nelle loro rocce, passano anni interi in una specie di torpore. Bada alla vela, Enrico: vi sono delle scogliere subacquee dinanzi a noi e dobbiamo evitarle con cura. —

Infatti dinanzi alla scialuppa si vedevano emergere, attraverso l’acqua profonda ma trasparente, delle punte grigiastre le quali avevano ramificazioni strane. Alcuni di quegli scoglietti erano rotondi ma altri, che si trovavano a una profondità maggiore, rassomigliavano a tronchi sostenenti dei rami, i quali si allungavano assai in varie direzioni.

— Sono scogli coralliferi, — disse Albani, che li osservava con viva curiosità. — Sono in lavorazione e fra pochi anni e forse prima, tutti quei rami giungeranno a fior d’acqua.

— Ma sono coralli vivi? — chiese il marinaio, stupito.

— Vivi, Enrico: guarda all’estremità di quei rami: che cosa vedi?...

— Ma... non saprei; come dei fiorellini.

— Sono gruppi di polipi corallini.

— Ma come fanno quei molluschi, che mi dissero essere gelatinosi e piccolissimi, a costruire questi scogli che sembrano di granito?

— È una cosa facilissima a spiegarsi. Un giorno qualunque, alla profondità di quaranta o cinquanta metri, si fissa un polipo corallino. Si nutre, cresce, mette dei rami come una pianta e produce delle uova le quali si fissano, dopo un certo tempo, a breve distanza. Nascono altri polipi, crescono e cominciano anche loro a ramificare.

La piccola colonia a poco a poco ingrandisce, s’intreccia e forma dapprima un banco rudimentale, che gli indigeni chiamano ordinariamente focaccie di corallo.

— Su quel banco spuntano migliaia di altre gemme, migliaia di altri rami, che poi si solidificano e s’innalzano, s’allar-