Pagina:I Robinson Italiani.djvu/180

174 Capitolo ventiseesimo

— Miserabili! — esclamò il marinaio, che pareva dovesse scoppiare. — Quale devastazione!... Bel gusto rovinare la nostra capanna e le nostre cinte!

— Non scoraggiamoci, amici, — disse Albani. — L’energia non ci manca e in una settimana potremo riparare a tutto.

— Rifabbricheremo un’altra capanna?

— E più ampia della prima, Enrico. La piantagione di bambù è pronta a darci quanto legname ci sarà necessario. Andiamo a vedere se hanno risparmiato i nostri vivai. —

Ebbero la consolazione di trovarli intatti. Essendo nascosti dietro a delle rupi piuttosto elevate, erano sfuggiti ai devastatori, i quali non si erano certo occupati di perlustrare le coste.

Contenti di quella scoperta, visitarono la piccola cala sperando che i pirati, nella loro partenza precipitosa, avessero abbandonato sulla spiaggia qualche oggetto che poteva essere utilissimo; ma non trovarono che l’albero del trinchetto del tia-kau-ting e per di più affato privo di qualsiasi cordame.

Esaminatolo, s’accorsero che a metà altezza era stato profondamente intaccato da un proiettile che doveva essere stato di calibro considerevole.

— Con questo guasto non avrebbero potuto continuare il loro viaggio, — disse Albani. — Hanno approdato qui per ricambiarlo, prevedendo non lontana l’epoca delle grandi piogge le quali provocano di frequente degli uragani formidabili.

— È vero, — confermò Enrico.

— Credete che il tia-kau-ting si sia salvato dall’uragano? — chiese Piccolo Tonno.

— Uhm!... Ho i miei dubbi, — rispose Albani. — Non sarei sorpreso se un giorno le correnti o le onde trascinassero qui i suoi rottami. Orsù, amici miei, riprendiamo i nostri arnesi e torniamo a fare i falegnami. Le grandi piogge non sono lontane e avremo appena il tempo necessario per rifabbricare la capanna.

— Abbiamo la caverna, signore, — disse Piccolo Tonno.