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Miele e patate dolci 95

scimmie poichè, non essendovi più il randello dell’orang, potevano approfittare per fuggire.

Il signor Albani, pur camminando rapidamente, aveva la precauzione di fare di quando in quando, delle incisioni sui tronchi degli alberi, ma sempre su quelli alla sua destra. In tal modo non correva più il pericolo di non ritrovare, nel ritorno, la via percorsa.

Il terreno cominciava a salire, ma era sempre coperto da folti cespugli, da grandi macchie d’alberi che avevano delle foglie smisurate e interrotto di tratto in tratto da enormi massi di natura vulcanica e da fenditure profonde che dovevano servire di letto ai torrenti, durante la stagione piovosa.

Su quei pendii abbondavano le piante gommifere, per lo più isonandra gutta i cui tronchi, incisi, danno una materia attaccaticcia simile al caucciù.

Il signor Albani però, che guardava attentamente tutti i vegetali, scoprì alcuni alberi molto preziosi per loro, poichè potevano surrogare il pane fatto col midollo delle arenghe saccharifere.

Erano dei buâ kaluwi, così chiamati dai Malesi, ma che i botanici conoscono col nome di artocarpus incisa, alberi che producono delle frutta grosse, prive di semi, contenenti una polpa giallastra che ha il sapore di certe specie di zucche.

Più sopra ne scoprì altre appartenenti alla stessa specie, ma assai più produttive. Erano i buâ naglesa o artocarpus integrifolia, meglio conosciuti col nome di alberi del pane, piante grandissime che producono le frutta più grosse di tutti i vegetali, rotonde, coperte di scaglie puntive e così pesanti, che due uomini non sempre riescono a portare un solo frutto.

— Se ce ne piomba una sul cranio, lo schiaccia come una nocciuola, — disse il mozzo. — Non ho mai veduto frutta così grosse, signor Emilio.

— Ci faranno sudare per portarle alla capanna, Piccolo Tonno, — rispose il veneziano.