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di nascosto un fazzoletto di seta che don Michele infine era riescito a farle prendere.

— Sono io, don Michele; aprite che devo parlarvi di premura!

— Non apro perchè tutti sono in letto e mia sorella è di là ad aspettare ’Ntoni dietro l’uscio.

— Se vostra sorella vi sente ad aprire non fa nulla. Si tratta appunto di ’Ntoni, ed è affare di premura. Non voglio che vada in galera vostro fratello. Ma apritemi, che se mi vedono qui perdo il pane.

— Oh vergine Maria! — cominciò a dire allora la ragazza. — Oh vergine Maria!

— Chiudetelo in casa stanotte, vostro fratello, come torna. Ma non gli dite che ci sono stato io. Ditegli che è meglio che stia in casa. Diteglielo!

— Oh vergine Maria! Oh vergine Maria! — ripeteva Lia colle mani giunte.

— Adesso è all’osteria, ma deve passar di qua. Voi aspettatelo sull’uscio, che è meglio per lui.

Lia piangeva sottovoce, perchè non udisse sua sorella, col viso nelle mani, e don Michele la vedeva piangere, colle pistole sulla pancia e i calzoni dentro gli stivali. — Per me stasera non c’è nessuno che stia inquieto, o che si metta a piangere, comare Lia, ma anch’io sono in pericolo come vostro fratello. Allora, se mi accade qualche disgrazia, pensateci che son venuto ad avvertirvi ed ho arrischiato di perdere il pane per voi!

Allora Lia alzò il viso dalle mani, e lo guardò cogli occhi pieni di lacrime. — Dio ve la paga, don Michele, la carità!