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— Bisogna bere qualche cosa, col tempo che fa; — rispose Rocco Spatu. — Se no ci romperemo il naso nella sciara.

Cinghialenta si mise a brontolare: — Come se andassimo a giuocare! Ora vi farò dare dell’acqua col limone da mastro Vanni.

— Io non ho bisogno dell’acqua col limone! — saltò su ’Ntoni; — e vedrete se il fatto mio lo saprò fare meglio di voi altri!

Compare Pizzuto non voleva aprire a quell’ora, e rispondeva che era in letto; ma siccome continuavano a picchiare, e minacciavano di svegliare tutto il paese e di far correre la guardia a mettere il naso nei fatti loro, si fece dare la voce e venne ad aprire in mutande.

— Che siete pazzi a picchiare in questo modo? — esclamava. — Or ora ho visto passare don Michele.

— Sì, l’abbiamo visto anche noi; adesso sta recitando il rosario colla Santuzza.

— Che lo sai d’onde viene don Michele? — gli domandò Pizzuto guardandolo negli occhi: ’Ntoni fece una spallata; e Vanni mentre si faceva da parte per lasciarli entrare, ammiccò a Rocco e a Cinghialenta:

— È stato dalle Malavoglia, — soffiò loro nell’orecchio. — L’ho visto escire io!

— Buon prò, — rispose Cinghialenta; — ma bisognerebbe dire a ’Ntoni che raccomandi a sua sorella di trattenere don Michele tutta la notte, quando abbiamo da fare....