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glia, la quale appuntava i pugni sui fianchi parlando con don Silvestro, e gli rinfacciava:

— Vi pare che vi lasceranno menar sempre pel naso quel buon uomo di mio padre, per fare gli affari vostri e mangiare a doppio palmento? che perfino donna Rosolina va predicando che vi rosicate tutto il paese! Ma me non mi mangerete, no! chè non ci ho la smania di maritarmi, e bado agli interessi di mio padre.

Don Franco predicava che senza uomini nuovi non si faceva nulla, ed era inutile andare a cercare i pezzi grossi, come padron Cipolla, il quale vi diceva che per grazia di Dio ci aveva il fatto suo, e non aveva bisogno di fare il servitore del pubblico per niente; oppure come massaro Filippo il quale non pensava ad altro che alle sue chiuse e alle sue vigne, e solo ci aveva prestato orecchio quando s’era parlato di levare il dazio sul mosto. — Gente vecchia! — conchiudeva don Franco colla barba in aria. — Gente buona pel tempo della camarilla. Al giorno d’oggi ci vogliono uomini nuovi.

— Adesso manderemo dal fornaciaio per farli fare apposta, — rispondeva don Giammaria.

— Se le cose andassero come dovrebbero andare si nuoterebbe nell’oro! — diceva don Silvestro: non diceva altro.

— Sapete cosa ci vorrebbe? — suggeriva lo speziale sotto voce, e lasciando correre un’occhiata nella retrobottega. — Ci vorrebbe gente come noi!

E dopo aver soffiato loro quel segreto nel buco dell’orecchio, correva in punta di piedi a piantarsi