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di frate guittone d’arezzo 253

211

Al conte Gualtieri perché vieti ciò che aveva scritto nel tempo della colpa.


     Alcun conto di te, conte Gualtieri,
mi conta, ché gradir m’è te audire,
sí che non poco en te so, e volentieri,
tanto m’agrada forte ai bon gradire:
     5e voi siet’esso; homi alto mistieri
non piò tardar, ma servo al tu’ desire:
francamente in allegrezza chieri
quanto al mio Signor posso servire.
     Ché servir me né te for Lui non dia,
10ma vietar deggio — ed io lo vieto a tutti —
ciò che senza lui, lasso, operai.
     E tu vietal, bel conte, in cortesia
li traiti miei e perigliosi motti,
und’eo vertude strussi e vizi ornai.

212

Contro Guidaloste, che troppo si vanta e stima buono soltanto se stesso.


     Guidaloste, assai se’ lungiamente
a scola dei cortesi adimorato:
come villano e sí desconoscente
te trova l’omo, e sí mal costumato?
     5Non apprendesti che catun valente
tenere dea lo valor suo celato
e l’autrui dire, e, se alcun mal sente,
defendere e covrire in catun lato?
     E tu vai predicando ’n ogni canto
10a fanciulli, a villani e a catono,
che giostre molte hai vente e pro’ se’ manto.
     Ciascun biasmi e reo ten, sí te bono;
onde te pregian matti e credon tanto,
ma galeati saccenti non sono.