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178 sonetti d’amore

78

La sua donna è la piú bella e nobile che vi possa essere:
ne gioisce ad onta degli invidiosi.


     De coralmente amar mai non dimagra
la voglia mia, né di servir s’arretra
lei, ver cui de bellezza ogn’altr’è magra,
per che ciascun ver me sementa in petra.
     5Ch’amor di gioia mi corona e sagra;
ond’ho di ben piú ch’altr’om, piú che metra;
dunque ragion de servir lei m’adagra,
poi son d’amore a maggior don ch’a metra.
     Ché manto n’ho — pur chi vol n’aggia invilia —
10e mende sia ciascun noioso encontra
ch’al mio voler non faccia e festa e vilia.
     Merzé di lei ch’ogni on nemico ontra,
ver cui bastarda fu Sarna Subilia,
per che tutto ben meo d’essa m’acontra.

79

Espone con un’altra «replicacio» sulla base di «punto»
la sua accorta tattica contro i «noiosi».


     Giá lungiamente sono stato punto;
sí punto m’ave la noiosa gente,
dicendo de savere uv’e’ mi punto,
sí tal punto mi fa quasi piangente.
     5Poi se’ n mi miro, non credone punto,
sí punto so, ve ’n stando, onor v’è gente.
Poi lo mio voler de gioi apunto,
ch’è punto, e verso si face a piagente.
     Ferò como lo bono arcero face:
10face fa di fedire in tale parte,
sparte di ciò, u’ non par badi, fede.
     A tutti amanti sí de far se face;
sface ciò de penser l’aversa parte,
parte che vive in error de su’ fede.