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XXX

Contro le donne.

Tosto che sente esser vicino il fine
candido cigno a l’ore sue dolenti,
empie l’aria di canto e le vicine
rive fa risonar di nuovi accenti:
tal è il mio canto, poi che le meschine
membra dan luogo ai lunghi miei tormenti,
e le nate di duol rime, ch’io canto,
son de la morte mia l’esequie e ’l pianto.
2
Se pure ardisse il corpo co’l’interno
dolor c’ha in sé, piangendo, accompagnarsi,
gli converria, per piangere in eterno,
come Aretusa, in fonte liquefarsi ;
ma, perché ’l poco umor, se ben discerno,
non può dal grand’ardor non asciugarsi,
fia piú leggier che muti il duolo atroce,
come Eco, il corpo in sasso e l’alma in voce.
3
Ove si vede, ove s’intende o legge
a l’immensa mia doglia doglia pare?
qual usanza, qual uom, qual dio, qual legge
permette altrui perir per bene amare?
qual buon giudicio in due contrari elegge
chi dee lasciar, lascia chi dee pigliare?
Benché in donna non è gran meraviglia,
ch’a la parte peggior sempre s’appiglia.