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tre appendici della Gazzetta dell’Emilia, nell’autunno del 1874; quelle di un viaggiatore straniero che si lessero in francese nel Touriste di Firenze, nei mesi di ottobre e di nov. del d.° anno, nelle quali si parla di questo monte, come della mèta più interessante di una escursione appenninica, e dove si decantano luoghi e cose che si toccano nell’eseguirla. Per chi vi salga di Toscana, sono il ricco e grosso paese di San Marcello pistoiese, le ridenti vicinanze dei Bagni di Lucca, il vago paesello di Cutigliano, le magnifiche boscaglie dell’Abetone, i bei ponti del Sestaione, della Lima, di Popiglio, l’incantevole giacitura del monte Prato fiorito, la singolarità dell’altro detto il Libro aperto, che ad ogni tratto fanno fermare il viaggiatore meravigliato, vinto nella sua aspettazione e contento di essersi deciso a questa escursione. Se poi sia venuto di Lombardia o Romagna, troverà corrispondenti impressioni lungo la poetica Via Giardinia, e toccando le amene località di Maranello, Serra de’ Mazzoni, Pavullo, Barigazzo, Pievepelago, Fiumalbo, Fanano e Sestola.

Ma per ciò che si prova e si vede sul Cimone lasciamo parlare un imparziale, il reverendo Somerset Burtchaell, che ne scrisse così al Touriste nell’ottobre suddetto: «Chi è forte e di genio avventuriero può arrampicarsi sulla cima del Libro aperto, 6275 piedi, in due ore circa, e più oltre recarsi fin sopra al Cimone, che è il punto più elevato degli Appennini nordici (7012 piedi). Di qui si può, da chi vi sia giunto in un momento propi-