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libro decimonono - cap. iv 221

IV

Defezione di Andrea Doria dal re di Francia. Accordi del Doria con Cesare; l’armata del Doria lascia il porto di Napoli. Insuccessi dei collegati sotto Napoli. Tardi provvedimenti presi dal Lautrech. Cattive condizioni dell’esercito dei collegati; morte del Lautrech. Rotta dei collegati. Cause dell’infelice fine dell’impresa.

Ma nuovo accidente che si scoperse, e del quale era molto prima apparito qualche indizio, perturbò gravemente le cose franzesi: perché Andrea Doria deliberò di partirsi dagli stipendi del re di Francia, ai quali era obligato per tutto il mese di giugno; deliberazione, per quel che si potette congetturare, fatta piú mesi innanzi; donde era proceduto che ritiratosi a Genova non era voluto andare con le galee nel regno di Napoli, e che offerendogli il re di farlo capitano della armata la quale si preparava a Marsilia lo recusò, allegando che per la etá era inabile a tollerare piú queste fatiche. La origine di tale deliberazione si attribuiva poi, da lui e da altri, a varie cagioni. Esso si lamentava che il re, dopo l’averlo servito con tanta fedeltá cinque anni, avesse fatto ammiraglio e dato la cura del mare a monsignore di Barbigios; quasi parendogli conveniente che ’l re, dopo la sua recusazione, avesse dovuto replicare e fargli instanza che la accettasse: che non lo pagasse di ventimila ducati degli stipendi passati, senza i quali non poteva sostentare le sue galee: non avere voluto sodisfare a’ giusti prieghi suoi di restituire a’ genovesi la solita superioritá di Savona, anzi essersi trattato nel consiglio regio di farlo decapitare, come uomo che troppo superbamente usasse la sua autoritá. Altri allegavano essere stata la prima origine della sua indignazione le contenzioni succedute tra Renzo da Ceri e lui nella impresa di Sardegna, nella quale pareva che il re avesse piú udito la relazione di Renzo che le sue giustificazioni: essersi sdegnato per la instanza grande fattagli dal re che gli concedesse i prigioni; i quali come cosa importante molto desiderava, massime il marchese del Guasto e Ascanio Colonna,