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libro duodecimo - cap. xvii 373

timiditá o per poca fede avesse persuaso a questo accordo il duca con la autoritá sua, che appresso a lui era grandissima; il quale carico egli scusava con allegare essere nata diffidenza tra i fanti svizzeri e gli italiani. Contenne la concordia: che Massimiliano Sforza consegnasse subito al re di Francia i castelli di Milano e di Cremona; cedessegli tutte le ragioni che aveva in quello stato; ricevesse dal re certa somma di danari per pagare i debiti suoi, e andasse in Francia, dove il re gli desse ciascuno anno pensione di trentamila ducati o operasse che fusse fatto cardinale con pari entrata; perdonasse il re a Galeazzo Visconte e a certi altri gentiluomini del ducato di Milano, che si erano affaticati molto per Massimiliano; desse a’ svizzeri che erano nel castello scudi seimila; confermasse a Giovanni da Gonzaga i beni che per donazione del duca aveva nello stato di Milano, e gli desse certa pensione; confermasse similmente al Morone i beni propri e i donati dal duca e gli uffici che aveva, e lo facesse maestro delle richieste della corte di Francia. Il quale accordo fatto, Massimiliano, altrimenti il moro per il nome paterno, uscito del castello, se ne andò in Francia; dicendo essere uscito della servitú de’ svizzeri, degli strazi di Cesare e degli inganni degli spagnuoli: e nondimeno, lodando ciascuno piú la fortuna di averlo presto deposto di tanto grado che di avere prima esaltato uno uomo che, per la incapacitá sua e per avere pensieri estravaganti e costumi sordidissimi, era indegno di ogni grandezza.


XVII

Richieste d’aiuti dei veneziani al re di Francia. Morte dell’Alviano e onori resigli dai soldati; giudizio dell’autore. Successi dei veneziani. Veneziani e francesi contro Brescia; insuccesso dell’impresa.

Ma innanzi alla dedizione del castello di Milano vennono al re quattro imbasciadori, de’ principali e piú onorati del senato viniziano, Antonio Grimanno Domenico Trivisano Giorgio Cornero e Andrea Gritti, a congratularsi della vittoria, e a