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libro undecimo - cap. xiv 287

il ducato di Milano e a essi appartenerne il patrocinio, perciò dovere considerare quanto fusse contrario alla sicurtá di quello stato che Genova, cittá vicina e tanto importante, dominasse un doge dependente interamente dal re di Aragona; ed essere stato molto indegno del nome e della gloria loro l’avere permesso che Genova, frutto della vittoria di Novara, fusse ceduta in utilitá degli spagnuoli, i quali, mentre che i svizzeri andavano con tanta ferocia a percuotere nelle palle fulminate dalle artiglierie de’ franzesi, mentre che, per dire meglio, correvano incontro alla morte, sedevano oziosi in sulla Trebbia, aspettando come da una vedetta, secondo il successo delle cose, o di vituperosamente fuggire o di fraudolentemente rubare i premi della vittoria acquistata coll’altrui sangue. Da queste cagioni accesi, moveva giá il duca le genti sue e i svizzeri quattromila fanti; ma le minaccie del viceré contro al duca e l’autoritá del pontefice, a cui sommamente erano a cuore le cose di Ottaviano, gli fece desistere.

Era in questo mezzo il viceré andato alla Battaglia, luogo distante da Padova sette miglia; dove Carvagial, cavalcando inavvertentemente con pochi cavalli a speculare il sito del paese, fu preso da Mercurio capitano de’ cavalli leggieri de’ viniziani. Al qual tempo, venuto il vescovo Gurgense all’esercito, si consultava quello si dovesse fare; e proponeva Gurgense l’andare a campo a Padova, dimostrando sperare tanto nella virtú de’ tedeschi e degli spagnuoli contro agli italiani che avessino finalmente a superare tutte le difficoltá. Essere poco meno laboriosa l’espugnazione di Trevigi, ma diversissimo il premio della vittoria; perché l’ottenere solamente Trevigi era alla somma delle cose di piccolo momento, ma per la spugnazione di Padova assicurarsi interamente le terre suddite a Cesare dalle molestie e da’ pericoli della guerra, e privarsi di ogni speranza i viniziani d’avere mai piú a ricuperare le cose perdute. In contrario sentivano il viceré e quasi tutti gli altri capitani, giudicando piú tosto impossibile che difficile lo sforzare Padova, per le fortificazioni quasi incredibili, munitissima d’artiglierie e di tutte le cose opportune alla