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sorte ad ardere la munizione per alcuni instrumenti di fuochi artificiati gittati da quegli di fuora, abbruciò una parte della rocca; nel qual tumulto entrati dentro, parte per il muro rotto parte con le scale, i fanti che davano la battaglia, preso il capitano spagnuolo, ammazzorno o feciono prigioni tutti quegli che vi erano dentro. Preso Lignago, gittò l’Alviano il ponte in sull’Adice; e dipoi, essendogli stata data da alcuni veronesi speranza di tumultuare contro a’ tedeschi, andò ad alloggiare alla villa di San Giovanni distante quattro miglia da Verona; donde accostatosi la mattina seguente alla porta che si dice di San Massimo, piantò con grandissimo furore l’artiglierie alla torre della porta e al muro congiunto a quella, attendendo se in questo tempo nascesse dentro qualche tumulto. Rovinate circa quaranta braccia di muraglia oltre alla torre, la quale cadde di maniera che fece uno argine fortissimo alla porta, dette molto ferocemente la battaglia. Ma in Verona erano trecento cavalli e tremila fanti tedeschi sotto Roccandolf, capitano di molto nome, i quali valorosamente si difendevano; dalla rottura del muro al discendere in terra era non piccolo spazio di altezza; né per i veronesi si faceva, secondo le speranze date, movimento: onde l’Alviano, vedendo la difficoltá dell’espugnarla, ritirò i fanti suoi dalle mura, e giá aveva cominciato a discostare l’artiglierie. Ma mutata in un momento sentenza (credettesi per imbasciata ricevuta da quegli di dentro), fatti ritornare i fanti alla muraglia, rinnovò con maggiore ferocia che prima l’assalto. Ma erano le medesime che prima le difficoltá dell’ottenerla, la medesima tiepidezza in coloro che l’aveano chiamato; in modo che disperata del tutto la vittoria, ammazzati nel combattere piú di dugento uomini de’ suoi, tra’ quali Tommaso Fabbro da Ravenna conestabile di fanti, levate con maravigliosa prestezza dalle mura l’artiglierie, ritornò il dí medesimo allo alloggiamento dal quale la mattina si era partito: non lodata in questo dí né per il consiglio né per l’evento, ma celebrata sommamente per tutta Italia, la sua celeritá, che in un giorno solo avesse fatto quel che con fatica gli altri capitani in tre o quattro giorni sogliono fare. Dette