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libro nono - cap. iv 21

rono pochissimi; avendo ciascuno minore compassione della loro calamitá per la viltá che avevano usata. Né si dimostrò minore la crudeltá tedesca contro agli edifici e alle mura, perché non solo, per non avere gente da guardarla, rovinorono la fortezza di Monselice ma abbruciorono la terra. Dopo il qual dí non feceno piú questi eserciti cosa alcuna importante, eccetto che una correria di quattrocento lancie franzesi insino in su le porte di Padova.

Partí in questo tempo medesimo dal campo il duca di Ferrara e con lui Ciattiglione, mandato da Ciamonte con dugento cinquanta lancie per la custodia di Ferrara, dove era non piccola sospezione per la vicinitá delle genti del pontefice: e nondimeno i tedeschi stimolavano Ciamonte che, secondo che prima si era trattato tra loro, andasse a campo a Trevigi, dimostrando essere di piccola importanza le cose fatte con tanta spesa se non si espugnava quella cittá, perché di potere spugnare Padova non s’avea speranza alcuna. Ma in contrario replicava Ciamonte: non essere passato Cesare contro a’ viniziani con quelle forze che avea promesse, quegli che erano congiunti seco essere ridotti a piccolo numero, in Trevigi essere molti soldati, la cittá munita con grandissime fortificazioni, non si trovare piú nel paese vettovaglie ed essere molto difficile il condurne di luoghi lontani al campo per le assidue molestie de’ cavalli leggieri e degli stradiotti de’ viniziani; i quali, avvisati per la diligenza de’ villani di ogni piccolo loro movimento ed essendo tanto numero, apparivano sempre dovunque potessino danneggiargli. Levò queste disputazioni nuovo comandamento venuto di Francia a Ciamonte che, lasciate quattrocento lancie e mille cinquecento fanti spagnuoli, pagati dal re, in compagnia de’ tedeschi, oltre a quegli che erano alla guardia di Lignago, ritornasse subito coll’esercito nel ducato di Milano: perché giá, per opera del pontefice, si cominciavano a scoprire molte molestie e pericoli. Però Ciamonte, lasciato Persis al governo di queste genti, seguitò il comandamento del re; e i tedeschi, diffidando di potere fare piú effetto alcuno importante, si fermorono a Lunigo.