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dello imperio, lo stato si riceveva e governava in nome della santa lega (cosí concordemente la chiamavano), disponendosi la somma delle cose con l’autoritá del cardinale sedunense deputato legato dal pontefice; ma i danari e tutte le taglie si pagavano a’ svizzeri, loro erano tutte l’utilitá tutti i guadagni. Alla fama delle quali cose commossa tutta la nazione, subito che fu finita la dieta chiamata a Zurich per questo effetto, venne a unirsi cogli altri grandissima quantitá.

In tanta mutazione delle cose, le cittá di Piacenza e di Parma si dettono volontariamente al pontefice, il quale pretendeva appartenersegli come membri dell’esarcato di Ravenna. Occuporno i svizzeri Lucarna e i grigioni la Valvoltolina e Chiavenna, luoghi molto opportuni alle cose loro; e Ianus Fregoso condottiere de’ viniziani, andato a Genova con cavalli e fanti ottenuti da loro, fu causa che fuggendosene il governatore franzese quella cittá si ribellasse, ed egli fu creato doge, la quale degnitá aveva giá avuta... suo padre. Ritornorno, col medesimo impeto della fortuna, al pontefice tutte le terre e le fortezze della Romagna; e accostandosi a Bologna il duca d’Urbino con le genti ecclesiastiche, i Bentivogli privi d’ogni speranza l’abbandonorno: i quali il pontefice asprissimamente perseguitando, interdisse tutti i luoghi che in futuro gli ricettassino. Né dimostrava minore odio contro alla cittá, sdegnato che dimenticata di tanti benefici si fusse cosí ingratamente ribellata, che alla sua statua fusse stato insultato con molti obbrobri e schernito con infinite contumelie il suo nome; onde non creò loro di nuovo i magistrati né gli ammesse piú in parte alcuna al governo, estorquendo, per mezzo di ministri aspri, danari assai da molti cittadini come aderenti de’ Bentivogli: per le quali cose (o vero o falso che fusse) si divulgò, che se i pensieri suoi non fussino stati interrotti dalla morte, avere avuto nell’animo, demolita quella cittá, trasferire a Cento gli abitatori.