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libro nono - cap. ii | 5 |
II
Questi erano i pensieri e l’opere del pontefice, intento con tutto l’animo alla sollevazione de’ viniziani. Ma da altra parte il re de’ romani e il re di Francia, desiderosi parimenti della loro depressione e malcontenti delle dimostrazioni che faceva per essi il pontefice, e perciò venuti insieme in maggiore unione, convennono di assalire quella state con forze grandi i viniziani: mandando da una parte il re di Francia Ciamonte con potente esercito, al quale si unissino le genti tedesche che erano in Verona; e da altra parte Cesare, con le genti le quali sperava ottenere dallo imperio nella dieta di Augusta, entrasse nel Friuli, e presolo procedesse ad altre imprese secondo che gli mostrasse il tempo e l’occasioni. Alla qual cosa ricercorno il pontefice che, come obligato per la lega di Cambrai, concorresse coll’armi insieme con loro; ma esso a cui era sommamente molesta questa cosa rispose apertamente non essere tenuto a quella confederazione, che aveva giá avuta perfezione poiché era stato in potestá di Cesare avere prima Trevigi e poi ricompenso di danari. Ricercò similmente Massimiliano il re cattolico di sussidio per le obligazioni medesime di Cambrai, e per le convenzioni fatte seco particolarmente quando gli consentí il governo di Castiglia, ma con prieghi che l’accomodasse piú tosto di danari che di genti; ma egli, non si disponendo a sovvenirlo di quel che piú aveva di bisogno, gli promesse mandargli quattrocento lancie, sussidio a Cesare di poca utilitá perché nell’esercito franzese e suo abbondavano cavalli.
Nel quale tempo, essendo la cittá di Verona molto vessata da’ soldati che la guardavano perché non erano pagati, le genti