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a Imola, dove si raccoglieva l’esercito suo: nel quale, oltre a molti fanti che avea soldati, erano quattrocento uomini d’arme agli stipendi suoi, Giampaolo Baglione con cento cinquanta, cento prestatigli sotto Marcantonio Colonna da’ fiorentini, cento prestatigli dal duca di Ferrara, molti stradiotti soldati nel regno di Napoli, e dugento cavalli leggieri menatigli dal marchese di Mantova, deputato luogotenente dell’esercito.

Da altra parte in Bologna non avevano i Bentivogli cessato di fare molte preparazioni, sperando se non di essere difesi almeno di non essere offesi da’ franzesi; perché il re, ricercato di sussidio da loro secondo gli oblighi della protezione, aveva risposto non potere opporsi con l’armi alle imprese del pontefice, ma che non darebbe giá né gente né aiuto contro a loro: donde si confidavano di potere facilmente resistere all’esercito ecclesiastico. Ma mancò loro ogni speranza per la venuta di Ciamonte; il quale benché per il cammino avesse dato agli uomini loro varie risposte, nondimeno, il dí che arrivò a Castelfranco nel bolognese, che fu il medesimo dí che ’l marchese di Mantova con le genti del Pontefice occupò Castel San Piero, mandò a significare a Giovanni Bentivogli che il re, non volendo mancargli di quello a che era tenuto per i capitoli della protezione, intendeva conservargli i beni suoi e operare che, lasciando il governo della cittá alla Chiesa, potesse sicuramente godendo i suoi beni abitare co’ figliuoli in Bologna; ma questo, in caso che infra tre dí avesse ubbidito a’ comandamenti del pontefice. Donde il Bentivoglio e i figliuoli, che prima con grandissime minaccie avevano publicato per tutto di volersi difendere, caduti interamente d’animo, e dimenticatisi della increpazione fatta a Piero de’ Medici che senza effusione di sangue si fusse fuggito di Firenze, risposono volere rimettersi in arbitrio suo, supplicandolo che fusse operatore che almanco ottenessino condizioni tollerabili. Però egli, che era giá venuto al Ponte al Reno vicino a Bologna a tre miglia, interponendosi col pontefice, convenne che fusse lecito a Giovanni Bentivogli e a’ figliuoli e a Ginevra Sforza sua moglie partirsi sicuramente