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libro quarto — cap. i 301

fortuna minore, in Brettagna; perché, congiunto a quegli che non volevano che Carlo, per mezzo del matrimonio di Anna, erede, per la morte di Francesco suo padre senza figliuoli maschi, di quel ducato, conseguisse la Brettagna, anzi aspirando occultamente al medesimo matrimonio, fu preso nella giornata che tra’ franzesi e i brettoni fu commessa appresso a Santo Albino in Brettagna, e, condotto in Francia, stette incarcerato due anni: in modo che, mancandogli la facoltá e, poi che per grazia regia fu liberato di prigione, gli aiuti di Carlo, non tentò quella impresa se non quando, per l’occasione di essere per commissione del re rimaso in Asti, entrò con poco successo in Novara. Ma diventato re di Francia, niuno desiderio ebbe piú ardente che d’acquistare, come cosa ereditaria, il ducato di Milano: nel quale desiderio nutritosi insino da puerizia, vi si era acceso molto piú perché, per le cose succedute a Novara e per le dimostrazioni insolenti che quando era in Asti gli erano state usate, aveva odio non mediocre contro a Lodovico Sforza. Però, pochi dí dopo la morte del re Carlo, con deliberazione stabilita nel suo consiglio, si intitolò non solamente re di Francia e, per rispetto del reame di Napoli, re di Ierusalem e dell’una e l’altra Sicilia, ma ancora duca di Milano; e per fare noto a ciascuno quale fusse la inclinazione sua alle cose d’Italia scrisse subito lettere congratulatorie della sua assunzione al pontefice a’ viniziani a’ fiorentini, e mandò uomini propri a dare speranza di nuove imprese, dimostrando espressamente d’avere nell’animo d’acquistare il ducato di Milano.

Alla quale cosa se gli presentava opportunitá non piccola, ‑ avendo la morte di Carlo causate negli italiani inclinazioni molto diverse dalle passate: perché il pontefice, stimolato dagli interessi propri, i quali conosceva non potere saziare stando quieta Italia, desiderava che le cose di nuovo si turbassino; e i viniziani, cessato il timore che per le ingiurie fatte a Carlo avevano avuto di lui, non erano d’animo alieno da confidarsi del nuovo re. La quale disposizione era per augumentarsi ogni dí piú, perché Lodovico Sforza, se bene conoscesse