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amalia guglielminetti

improvviso che scosse le sue spalle, del pallore repentino che coperse le sue gote.

Ella torse alcune volte la sua bocca in una contrazione nervosa, sbattè alcune volte le palpebre, poi sentì che occorreva dissimulare quell’assurda emozione e che per dissimulare occorreva sorridere.

Sorrise, fissò sul volto un simulacro di sorriso, il quale durò finchè Elda e Jacopo, dopo aver osservato e commentato gli altri ritratti, le si volsero e la interrogarono.

— Che ne dici, mamma? Io trovo che ha l’aria d’un uomo di quarant’anni.

— È vero, baronessa, che non mi somiglia?

— No, non le somiglia, — ella ripetè, e soggiunse dopo una pausa, senza sorridere: — Questa è la faccia d’un uomo cattivo. Mi fa quasi paura.

I due giovani risero come d’uno scherzo e con alcune altre osservazioni che ella non intese abbandonarono le fotografie sul tavolo fra le tazzine vuote, i fiori morenti, le sigarette spente e si posero a rincorrersi come due ragazzi con risa e grida di gioia fra le ombre del parco, accompagnati dall’allegro abbaiare e dall’argentino scampanellìo del piccolo fox.

Allora Anna Maria tornò a curvarsi su quel ritratto e lo fissò a lungo, intensamente, con volto duro, con sguardo carico d’odio.

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