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amalia guglielminetti


— Siccome non ho più denari punterò per quello che vale il mio portasigarette d’oro.

Ma Emo Siniscalchi s’oppose e le consegnò il suo portafoglio. Dopo cinque minuti ella glie lo restituì, vuoto.

Quando salirono al loro appartamento, la cameriera di Zoia che li aspettava alzata, presentò al signor conte una lettera raccomandata giunta durante la sera. Era del suo uomo d’affari e gli chiedeva scusa se non era in grado di soddisfarlo nella sua ultima richiesta di danaro, poichè pel momento non aveva nulla in cassa. Soggiungeva che rimaneva all’attivo del signor conte null’altro che la somma di diecimila franchi, la quale poteva essergli inviata fra alcuni giorni.

— Questa è la rovina — disse a sè stesso Emo con un’ira concentrata, scaraventando incontro allo specchio dell’armadio a tre luci la gardenia già un po’ ingiailita che leggendo aveva tolto distrattamente dall’occhiello della sua marsina.

— Un anno d’amore con quella donna vertiginosa, ed eccomi ridotto all’indigenza. Non mi rimangono che due strade quasi egualmente odiose: mettermi a far debiti od ammazzarmi.

Ma la mattina seguente verso le undici, mentre egli ancora a letto meditava sulla propria sorte fumando, seduto in mezzo a un cumulo di guanciali, col pijama di seta azzurro pallido e i lunghi

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