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la saggezza del destino 297


Li esaltava il pensiero ch’egli poteva forse non più ritornare vivo e lusingava il loro amor proprio di barbari appena inciviliti la immagine di quel fidanzato-eroe che la loro bella figliuola si sarebbe portato in giro pel vecchio e pel nuovo mondo, come un fiore rosso all’occhiello della sua giacchetta mascolina.

Seppi più tardi che Gady Wilson gli scrisse appena due o tre lettere in un suo faticoso italiano, puerile di pensiero e di forma, e seguitò quindi mandandogli innumerevoli cartoline fotografiche nelle quali ella appariva riprodotta ai piedi di tutti i più celebri monumenti d’Italia. Perchè i Wilson avevano lasciato Villaverde e viaggiavano, divertendosi e distraendosi in quella disordinata vita nomade di treno in treno e d’albergo in albergo, che la loro inquietudine chiassosa prediligeva.

Ma dopo Pasqua, mentre ero anch’io in campagna presso una zia ammalata, seppi che gli americani tornavano in villa e non ostante il mio odio per quella gente, me ne rallegrai in cuor mio per Ruggero. Egli aveva scritto da poco a sua madre, annunziando il suo ritorno e preferivo ch’egli ritrovasse la sua fidanzata in quella casa quasi tranquilla, piuttosto che in giro per qualche popolato albergo cosmopolita. E poi ne gioivo per me stessa poichè l’avrei forse veduto passare,