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Delle biblioteche 51

simo, è l’ideale della farsa tutta da ridere. Non le pare? È vero però, che se si dicesse francamente che le doti e gli stipendi sono diminuiti di quel tanto e non tassati, l’amministrazione si semplificherebbe di troppo e non ci sarebbe più bisogno di tanti giri e rigiri, registri e posizioni, quanti ne occorrono ora a tessere i conti di questa razza di ricchezze. O che gli impiegati debbono mangiare il pane a ufo?

E i bibliotecari? Ella ne cerchi i nomi nell’annuario della Istruzione pubblica e troverà nomi sempre rispettabili, spesso illustri; ma illustri in tutto fuor che per la loro opera di bibliotecari e di bibliografi.

Come avviene questo?

Avviene perché fino ad oggi il posto di bibliotecario era riputato dal Governo un canonicato da far godere a persone di merito, fossero o non fossero mai entrate in una biblioteca in vita loro. E i bibliotecari, meno s’intende poche eccezioni, hanno preso in parola il Governo e si sono occupati delle biblioteche quel tanto che occorre perché tirino innanzi nello statu quo ante. Il Governo poi quando s’è accorto che nelle biblioteche c’era di tutto fuor che dei bibliotecari, ha pensato che il criterio del merito era errato per quei posti, ed ha accettato nudo e crudo quello dell’anzianità, come ai tempi di Carlo Felice. Di più ha ridotto l’ufficio del bibliotecario, a forza di articoli di regolamento, in modo che di bibliotecario non resta che il nome: sotto al quale non ci sono che le attribuzioni di un impie-