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398 Brani di vita

del ventre, pensa, prega, si mortifica, sale a mistiche visioni e da sfere paradisiacamente calme e serene, confortato dalla grazia, sorretto dalla fede, conscio della propria immarcescibile corona, guarda le miserie nostre e può ben dire, e dice:

     Io rido intanto quando sento il chiasso
     E il balordo furor degli affamati
     Che si chetan coi viva e cogli abbasso!


E non dica, Onorando Signore, ch’io faccio scendere la difesa sino allo scherzo o la spingo sino all’ironia. Se Ella non vorrà contentarsi di una superficiale impressione, potrà convincersi che, sotto alle parole amare, sta un concetto dei doveri episcopali più alto, più grande, più cristiano di quello che sia in molti Pastori i quali si considerano come Vescovi di combattimento, unti e confermati meno per conquistar anime a Cristo che a conquistar voti per le elezioni comunali; meno a far trionfare il regno di Dio che quello del Papa Re. Guardi più in su, Onorando Signore, guardi più in su della lettera che può esser travolta e travisata dall’arguzia e dal cavillo; guardi allo spirito che vivifica non alla lettera che uccide. Non vede Ella chiaro quel che forse espressi male, ma che volli e voglio dire, non contro la persona, ma sopra e, se vuole, anche contro al Pastore? Come curatore di interessi oltramondani, non deve egli ridere delle nostre mondane miserie? Come autorità, riconosciuta sostenuta e protetta, non può egli sorridere e ridere dei clamori di piazza contenuti e fatti tacere dalla Benemerita Arma?